In
un giorno di pioggia due bambini passeggiavano sotto un viale e
videro un gatto che si riparava sotto una panchina. Jona,il più
grande,aveva circa dieci anni,i capelli biondi e ancora molta strada
da fare prima di tornare a casa. Camminando rifletteva su ciò che le
maestre avevano detto a sua madre pochi giorni prima:”Jona è un
bambino brillante,ma troppo vivace”. Lui sapeva benissimo di non
essere un santo,ma si aspettava che gli adulti capissero che la sua
unica passione erano gli altri. L'anno precedente,a Marzo,esattamente
due mesi prima che morisse sua nonna Virginia,ella gli aveva
raccontato che fin da piccolissimo aveva dimostrato una forte empatia
verso ogni forma di vita. Certo,fino al giorno precedente Jona non
aveva idea del significato della parola empatia,ma rimase così
colpito dal racconto che decise di intervenire in qualche modo per
migliorare la vita del suo prossimo. L'idea arrivò come un fulmine a
ciel sereno dopo la morte di nonna Virginia: voleva diventare
medico,ma non un medico qualunque. Desiderava diventare proprio come
i medici della tv,quelli che passano alcuni mesi nei paesi poveri
aiutando chi ne ha più bisogno. Ma Jona non era solo cervello: ogni
pomeriggio usciva in cortile a giocare con i ragazzi più grandi a
calcio ed incredibilmente era il migliore,tutti ambivano ad averlo in
squadra per un pomeriggio,ma lui non amava farsene
vanto,anzi,preferiva scendere di nascosto dopo cena per dare una mano
a chi non se la cavava molto bene.
Uscendo
dopo cena spesso però gli capitava di dimenticare ciò di cui doveva
realmente occuparsi,fantasticando liberamente. Di sovente sua mamma
doveva andarlo a svegliare,quando affacciandosi al balcone per
richiamarlo a casa,lo sorprendeva addormentato su una panchina o su
un muretto.
Vivian,la
mamma di Jona si era sempre preoccupata troppo per lui perché questa
irrefrenabile voglia di fare lo costringeva spesso a letto ammalato
durante il periodo invernale. Ogni inverno,il primo giorno di febbre
era dedicato a sua nonna,al modo in cui gli leggeva i libri,il suo
rito del tè,tutto lo riportava a lei.
Probabilmente
non era riuscito ad accettare la sua morte: non gli sembrava
possibile che una vecchina tanto sana e in gamba come sua nonna
potesse morire così improvvisamente. Una foglia scricchiolò sotto
il piede di Jona,che tornò alla realtà.
Con
lui c'era anche Lili,una bambina di otto anni con i capelli rossi e
fantasia da vendere. Lili disse a Jona:”Immagina se fossimo delle
formiche per qualcuno lassù: tutto diventerebbe relativo,come ci ha
spiegato oggi la maestra.” ”Mmh” fece Jona.
Lili
proseguì:”Pensa invece se fossimo alberi,anzi,secondo me le
persone sono come gli alberi: tutta la vita piantati nello stesso
posto e se li spostano rimane pur sempre qualcosa di loro nel
terreno; sono uno accanto all'altro,ma non si toccano mai e le loro
chiome si muovono in base al vento,le foglie cadono e rinascono nello
stesso inarrestabile ciclo e infine i frutti:diventano buoni e
succosi solo se la pianta ha ricevuto sufficienti cure”. Jona era
affranto dalla verità che si nascondeva nelle parole di Lili che
seppur più piccola di lui era terribilmente sveglia e pura,anzi,
forse lo era proprio per questo.
Sbuffando
Jona rispose:” Lili taci e cammina!”.
Da
molto tempo ormai era così: Jona non sopportava più l'idea di dover
tornare a casa ogni giorno con Lili,la sua vicina di casa.