giovedì 5 luglio 2012

Jona e Lili.


In un giorno di pioggia due bambini passeggiavano sotto un viale e videro un gatto che si riparava sotto una panchina. Jona,il più grande,aveva circa dieci anni,i capelli biondi e ancora molta strada da fare prima di tornare a casa. Camminando rifletteva su ciò che le maestre avevano detto a sua madre pochi giorni prima:”Jona è un bambino brillante,ma troppo vivace”. Lui sapeva benissimo di non essere un santo,ma si aspettava che gli adulti capissero che la sua unica passione erano gli altri. L'anno precedente,a Marzo,esattamente due mesi prima che morisse sua nonna Virginia,ella gli aveva raccontato che fin da piccolissimo aveva dimostrato una forte empatia verso ogni forma di vita. Certo,fino al giorno precedente Jona non aveva idea del significato della parola empatia,ma rimase così colpito dal racconto che decise di intervenire in qualche modo per migliorare la vita del suo prossimo. L'idea arrivò come un fulmine a ciel sereno dopo la morte di nonna Virginia: voleva diventare medico,ma non un medico qualunque. Desiderava diventare proprio come i medici della tv,quelli che passano alcuni mesi nei paesi poveri aiutando chi ne ha più bisogno. Ma Jona non era solo cervello: ogni pomeriggio usciva in cortile a giocare con i ragazzi più grandi a calcio ed incredibilmente era il migliore,tutti ambivano ad averlo in squadra per un pomeriggio,ma lui non amava farsene vanto,anzi,preferiva scendere di nascosto dopo cena per dare una mano a chi non se la cavava molto bene.
Uscendo dopo cena spesso però gli capitava di dimenticare ciò di cui doveva realmente occuparsi,fantasticando liberamente. Di sovente sua mamma doveva andarlo a svegliare,quando affacciandosi al balcone per richiamarlo a casa,lo sorprendeva addormentato su una panchina o su un muretto.
Vivian,la mamma di Jona si era sempre preoccupata troppo per lui perché questa irrefrenabile voglia di fare lo costringeva spesso a letto ammalato durante il periodo invernale. Ogni inverno,il primo giorno di febbre era dedicato a sua nonna,al modo in cui gli leggeva i libri,il suo rito del tè,tutto lo riportava a lei.
Probabilmente non era riuscito ad accettare la sua morte: non gli sembrava possibile che una vecchina tanto sana e in gamba come sua nonna potesse morire così improvvisamente. Una foglia scricchiolò sotto il piede di Jona,che tornò alla realtà.
Con lui c'era anche Lili,una bambina di otto anni con i capelli rossi e fantasia da vendere. Lili disse a Jona:”Immagina se fossimo delle formiche per qualcuno lassù: tutto diventerebbe relativo,come ci ha spiegato oggi la maestra.” ”Mmh” fece Jona.
Lili proseguì:”Pensa invece se fossimo alberi,anzi,secondo me le persone sono come gli alberi: tutta la vita piantati nello stesso posto e se li spostano rimane pur sempre qualcosa di loro nel terreno; sono uno accanto all'altro,ma non si toccano mai e le loro chiome si muovono in base al vento,le foglie cadono e rinascono nello stesso inarrestabile ciclo e infine i frutti:diventano buoni e succosi solo se la pianta ha ricevuto sufficienti cure”. Jona era affranto dalla verità che si nascondeva nelle parole di Lili che seppur più piccola di lui era terribilmente sveglia e pura,anzi, forse lo era proprio per questo.
Sbuffando Jona rispose:” Lili taci e cammina!”.
Da molto tempo ormai era così: Jona non sopportava più l'idea di dover tornare a casa ogni giorno con Lili,la sua vicina di casa.

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