venerdì 19 agosto 2011

Una notte.

Una ciocca di capelli.
Fu una ciocca di capelli a svegliarmi quella mattina,come da sei mesi a quella parte,una ciocca di capelli che stavo imparando ad amare,in ogni suo difetto.
Capelli rosso tiziano,lisci dalla cute fino a ricadere in maniera goffa in piccoli riccioli che esprimevano la personalità tortuosa di Josephine.
Anche il loro odore rappresentava qualcosa di familiare.. L'Italia.
Nessuno avrebbe mai pensato che l'Italia mi potesse mancare tanto dal mio arrivo a New York..Salsedine,ecco cosa.
La finestra socchiusa quella mattina,era l'alba di una Domenica mattina,faceva entrare gli odori,i rumori che non appartenevano alla camera da letto e questo mi stressava ma nulla avrebbe tormentato la mia giornata,l'unica durante la settimana che potevo dedicare interamente a lei.
La cosa più preziosa di tutte.
Lentamente scivolai da sotto le lenzuola e mi diressi in cucina,se solo si potesse chiamare così.
La nostra cucina consisteva in una zona piastrellata del salotto,le piastrelle nere in contrapposizione al parquet,il parquet a New York,era così bizzarro eppure quando stavamo insieme la città non esisteva,non più.
Presi la caffettiera,la riempii d'acqua,forse eccessivamente,e con il cucchiaino sfilai del caffè dalla confezione di quello strano materiale che non capivo mai cosa fosse.
Un rumore dalla camera e la sua mano che impercettibilmente mi cercava nel letto e che ogni mattino non mi trovava. Conoscevo i suoi gesti così bene da poterli ripetere io stessa,senza commettere errori,ma non era mai banale in ciò che faceva.
Metteva passione in qualsiasi gesto,ma quando scriveva lei,diventava inavvicinabile,anche per me.
Stava chiusa in camera giorno e notte con brevi interruzioni solo per utilizzare il bagno. Dopo sei mesi di convivenza non mi osavo neppure a presentarle dei pasti,rifiutava tutto e odiava il rumore,diventava paranoica,ma scriveva tutto in maniera sublime anche se a volte,non mi faceva leggere i suoi manoscritti. Non era soddisfatta diceva,ma sapevo benissimo che quei racconti parlavano di me,di noi.
Quando mi abbracciò e sentii i suoi seni premermi sulla schiena,improvvisamente tornai alla realtà.
Mi voltai e la baciai,un bacio veloce,candido.
Mentre si sedeva,udii un "Ti amo" appena sussurrato.
Jo si faceva molti problemi nel mostrare le emozioni in pubblico a causa del suo passato,tortuoso, come il suo carattere per l'appunto.
Per tutta risposta corsi verso di lei,come un toro che carica,la sollevai e la spinsi verso il muro,sempre prestando la massima attenzione,in passato avevo già verificato quanto le sue ossa potessero essere fragili.
Ma vidi una lacrima scendere dal suo volto,affranto,spento,rubato.
Avevo scatenato in lei una tristezza degna della miglior tragedia di Shakespeare e ancora non capivo il perchè..


Io personalmente,chiedo scusa a tutte le persone che leggono i miei post e in primis a me stessa per non terminare questa storia stasera stessa,ma solo Dio sa se mai terminerà.

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